Il frate, l’amata e la cassa: Acireale si divide

«Shakespeare diceva che se non si fanno pazzie per amore allora vuol dire che non si è mai amato…». «Sì, vabbè, però lui è sparito con la cassa dei poveri…». Ad Acireale in queste ore si fa riferimento anche a frasi storiche e non si parla d’altro che della presunta tresca tra il padre camilliano dell’istituto acese e la giovane volontaria della Acireale bene. E d’un tratto la città si dimentica dei problemi quotidiani e piomba a capofitto nei particolari, tramuntando la città dei «cento campanili» in quella dei cento “pruriti”, con racconti ed episodi del passato che tirano in ballo giovani seminaristi e preti che d’un tratto per amore si tolsero l’abito talare. Storie anche antiche che si tramandano e oggi ritornano alla memoria per commentare il nuovo episodio d’amore nato stavolta tra le stanze dell’Istituto dei Camilliani «Casa del sollievo», centro caritatevole molto conosciuto ad Acireale anche per il sostegno alle famiglie bisognose alle quali vengono donati pacchi di spesa.

Basta fare un breve giro nei bar, nei negozi incastonati nello stupendo barocco, per immergersi in capannelli di persone che tra mezze frasi e mezze ammissioni scommettono anche sul nome della ragazza che sarebbe un’esponente di una famiglia in vista della nobiltà acese. Ma il nodo non è l’amore che resta pur sempre una scelta personale, da rispettare e da non violare, anche se questo stuzzica di più la curiosità dei cittadini, ma quello della «cassa» che sarebbe sparita col padre camilliano, religioso con alti incarichi nell’Ordine dei Chierici regolari dei ministri degli Infermi, economo della provincia siculo napoletana del medesimo ordine, religioso e direttore anche della casa sollievo S. Camillo di Acireale oltre che responsabile dell’Istituto Giovanni XXIII di Riposto. Un fratello camilliano quindi con alti incarichi e prestigio nell’Ordine.

I soldi mancanti dalla cassa sarebbero oltre 27.900 euro, denaro destinato anche ai poveri della missione dei camilliani in Benin, paese dell’Africa centrale, e finiti chissà dove e chissà per quali scopi. Verità e fantasia si intrecciano in questa storia attuale ma che continua a stupire i tanti, perché l’abito talare è «sempre sacro… ». Così Acireale si risveglia divisa ancora una volta, dopo il recente caso dei furbetti del tesserino in Comune. E le domande si rincorrono: ha fatto bene il padre camilliano? Restituirà i soldi spariti? Ma è stato proprio lui a farli sparire? E per farne cosa? Oppure qualcuno vuole incastrarlo? E la signora, una volontaria dello stesso centro, è stata lei a spingerlo a questo gesto? È vittima o carnefice e se è amore è giusto crocifiggerli e darli in pasto all’opinione pubblica?

Mentre le domande si susseguono l’inchiesta va avanti dopo la denuncia alla Procura presentata dall’Ordine per l’ammanco del denaro. Nel testo dell’esposto l’avv. catanese Giampiero Torrisi scrive: «A seguito dell’abbandono dell’Ordine religioso e delle dimissioni da parte di fratel Vincenzo emergeva che tra il 27 gennaio e il 3 febbraio, quindi nei giorni immediatamente antecedenti alle dimissioni fratel Vincenzo si era appropriato illecitamente della somma di almeno 27.900 euro attraverso tre distinte operazioni in due date diverse… ».

Ora la vicenda è contenuta in un fascicolo di indagine sul tavolo del magistrato che dovrà appurare se la denuncia ha un fondamento di verità e se realmente fratel Vincenzo ha procurato l’ammanco nei fondi dell’Ordine. «Sulla vicenda immagino che la Procura stia facendo accertamenti – ha spiegato l’avv. Torrisi – per verificare quanto denunciato. Tutto il resto, la fuga d’amore e quant’altro dal nostro punto di vista è del tutto irrilevante, è un dato neutro. L’unica cosa che noi rileviamo e la condotta appropriativa rispetto a somme che servivano per il sostentamento delle missioni, prevalentemente per quelle estere dei Camilliani. Riteniano si stata una condotta significativamente grave».

 

«Siamo venuti a conoscenza dell’ammanco nei nostri fondi dopo l’abbandono improvviso degli incarichi da parte di fratel Vincenzo – racconta oggi fratel Carlo Mangione, dell’Ordine provinciale dei Camilliani che ha sporto la denuncia -. Abbiamo cercato di contattare il fratello per capire cosa fosse successo, ma lui non ha mai risposto. Va detto che con questi fondi mandiamo avanti anche la nostra missione in Benin, alla quale inviamo circa 10 mila euro al mese. L’ammanco è venuto fuori quando siamo andati in banca per cambiare il conto corrente e ci siamo resi conto che nei giorni precedenti all’improvviso abbandono dagli incarichi da parte del fratello economo erano state prelevate alcune somme non si sa per quali motivi. Fratel Vincenzo era l’unico dell’istituto a poter effettuare operazioni sul conto per cui abbiamo capito che era accaduto qualcosa e lo abbiamo cercato per una spiegazione, ma lui non ha mai risposto, neanche ai tanti messaggi in cui spiegavo che senza alcun esito e un chiarimento sul denaro mancante sarei stato costretto a fare un esposto».

Fratel Mangione, comunque, ci tiene a puntualizzare di non volere assolutamente condannare la scelta morale di fratel Vincenzo: «Per quanto riguarda la sua decisione affettiva noi non abbiamo assolutamente niente da dire, né da condannare. Anzi lo possiamo considerare un gesto di coerenza da parte del fratello. L’unica cosa che ci ha lasciato l’amaro in bocca è il fatto che con lui abbiamo condiviso anni e anni di vita e di assistenza e alla fine lui se né andato all’improvviso, così “insalutato ospite”, con un’azione del genere». Fratel Mangione ha aggiunto che fratel Vincenzo ha chiesto la dispensa per togliere l’abito. «Tra l’altro – ha concluso – nel nostro Ordine quando uno decide di lasciare i camilliani è previsto un sostegno economico per iniziare una nuova vita. Per questo non capiamo perché ha agito così… ».

lasicilia.it

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