Se la Chiesa vuole sopravvivere, la vera riforma da fare è quella del celibato dei preti e la riammissione dei preti sposati
Il movimento dei sacerdoti lavoratori sposati non si ferma nella sensibilizzazione sui temi dei diritti civili e religiosi dei preti sposati dopo la chiusura di Papa Francesco sancita nel testo “Amoris Laetittia” esortazione apostolica post-sinodale.
Il rapporto tra sacerdoti e pedofilia purtroppo ricorre nella storia . La Commissione di psichiatri incaricata dal Vaticano di far luce sullo scandalo dei preti pedofili è arrivata a un risultato straordinario e semplicissimo. Tutti i sacerdoti coinvolti avevano le due caratteristiche principali (ovvio patologicamente distorte) del pedofilo: il narcisismo e la solitudine.
Chi è (virtualmente, ovvio non si generalizzi) più narcisista di un sacerdote, una persona che, non solo si veste diversamente dagli altri, ma è addirittura un tramite tra l’uomo e Dio. Una sorta di semi-Dio? Chi (virtualmente) è più solo di un sacerdote. Un uomo che è amico di tutti i fedeli, che ne conosce i segreti, ma che poi si ritrova solo di notte nella propria abitazione?
A ciò si aggiunga la sessuofobia della Chiesa. In un’epoca dove il sesso è per così dire ovunque, drammatizzare, vietare, significa ingigantire, esasperare l’argomento in modo parossistico. (Se i preti si fossero preoccupati di parlare ai fedeli di evasione fiscale quale reato più che di minigonne e di masturbazione – che non sono reati – l’Italia sarebbe un paese più ricco e libero).
Pietro, di cui Francesco è il successore, era sposato. Paolo scrivendo ai vescovi parla di come comportarsi coi loro figli. Il celibato del clero fu introdotto nel Medioevo e istituzionalizzato nel Concilio di Trento (1545-1563).