Preti sposati: UNIONE DI FATTO DEI PRETI

UNIONE DI FATTO DEI PRETI

Nel 390 San Geminiano fu chiamato da Ambrogio vescovo di Milano. Il vescovo modenese con il diacono Aper obbedì e camminò una settimana tra i pericoli dei briganti e i disagi di un viaggio a piedi sulla via Emilia in parte impaludata e sconnessa. Partecipò a una specie di concilio nel quale venne condannato come eretico il monaco Gioviniano. Il buon frate diceva che Dio amava di più chi mangiava con i poveri che chi digiunava, che il celibato e la verginità non erano più meritevoli del matrimonio davanti a lui. Dunque già in quegli anni per bocca di Gerolamo prima poi di Ambrogio e Agostino, si cominciava a formare quel complesso morale cristiano che disprezzava il corpo come sede di peccato e la sessualità come fonte del male. Si doveva preferire specialmente la verginità e il celibato al matrimonio. Solo dopo l’anno mille si stabilì che chi desiderava diventare prete doveva rinunciare al matrimonio. Ma non a rapporti con donne, sembra: il concilio di Trento infatti nel 1560 vieta il concubinaggio dei preti e obbliga di nuovo il clero al celibato. Oggi si fa fatica a capire la legge obbligatoria del celibato per il prete, anzi molti pensano che si potrebbero ordinare preti-pastori uomini e donne sposate. Si conserverebbe contemporaneamente la nobile tradizione di un clero che liberamente sceglie di non sposarsi per essere totalmente a disposizione e al servizio della sua missione. La strada oggi è ancora inspiegabilmente lunga. I sintomi del disagio dei preti celibi in tutta la cattolicità possono emergere nel tempo e in in alcuni casi diventare drammatici: solitudine, depressione, crisi spirituale, e al limite (perché no?) anche pedofilia. Insieme a legami sentimentali nascosti o ufficiosi di preti con donne. Ecco allora la mia proposta. Perché il Vaticano non prevede una leggina per le ‘coppie di fatto’ dei preti? Una nuova unione civile-rligiosa. Non sarebbe ancora un’apertura totale. Voitila e Ratzinger hanno accolto tra il clero cattolico preti anglicani sposati, o hanno affidato parrocche a pope di rito ortodosso: non si potrebbe fare lo stesso con preti che per una serie di circostanze vivono una relazione d’amore con una donna nella segretezza e nella paura dello scandalo e desiderano formarsi una famiglia? Senza dovere chiedere, come prevede il codice di diritto canonico per il ritorno del prete allo ‘stato laicale’ un processo lungo e umiliante; e specialmente senza che un prete debba rinunciare alla cura pastorale in una comunità dove ben lavora, dove è amato e stimato. Questo non rientra nell’ambito dell’anno della misericordia, ma nello spazio molto più ampio dei diritti civili, della convenienza sociale e anche dell’utilità pastorale per la Chiesa che eviterebbe di perdere forze giovani e capaci, e di importare preti dall’estero che faticano a comprendere la nostra realtà . BeppeManni Cdb Villaggio Artigiano

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