Medjugorje, la fabbrica delle sante illusioni

“il manifesto” del 27 giugno 2015

Alla fine della guerra, nel dicembre del 1995, la Bosnia era completamente distrutta, senza più attività produttive, con strade e infrastrutture in rovina e gran parte della popolazione senza lavoro. Una sola attività aveva ripreso a macinare utili a ritmi vertiginosi, la fabbrica di miracoli e apparizioni della Madonna di Medjugorje, che in breve tempo era tornata a essere una miniera d’oro.

Dopo il sanguinoso conflitto che aveva provocato 100 mila morti, fatto tremare i governi europei e aperto una ferita nel mondo tra i credenti di diverse religioni, migliaia di cattolici, soprattutto stranieri, si accalcavano a Medjugorje per incontrare i veggenti e attendere l’apparizione della Gospa (la Madonna) che, in quei luoghi dilaniati dal feroce nazionalismo croato cattolico, veniva incredibilmente chiamata «la Regina della pace».

Alla fine della guerra erano anche resuscitati i fantasmi di un angoscioso passato, che aveva visto protagonisti proprio i francescani di Bosnia e Croazia, l’Ordine che gestiva il tempio di Medjugorje. Temprati e induriti da una guerra religiosa che durava da centinaia di anni, prima contro l’avanzare della chiesa ortodossa e poi contro l’impero ottomano e il diffondersi della religione musulmana, con il dittatore ustascia Ante Pavelic, alleato di fascisti e nazisti, avevano partecipato alla pulizia etnico-religiosa, alle conversioni forzate, alle deportazioni, alle stragi e perfino al genocidio nel campo di sterminio di Jasenovac dove furono eliminati almeno 600 mila jugoslavi, serbi, ebrei, rom e dissidenti di altre etnie.

Era proprio un frate francescano, Miroslav Filipovic, detto «il satana nero», il comandante delle squadre della morte del campo. Condannato a morte nel 1946 per i crimini commessi, chiese di vestire per l’ultima volta il saio prima di essere fucilato. Con l’inanità complice del Vaticano che riceveva addirittura delegazioni di ustascia e criminali di guerra, «tutte le strutture del cattolicesimo croato (sostennero) un genocidio dalle esclusive connotazioni religiose, e i più colpiti furono gli scismatici serbo-ortodossi», ha scritto lo storico Marco Aurelio Rivelli.

Proprio in Vaticano inventarono la “grisella”, più nota come “rat line”, la corda che, collegata alle sartie, permette ai topi la salita fino alla cima degli alberi dei velieri, l’ultimo rifugio durante un naufragio. Il centro operativo della “rat line” era un monastero croato, San Girolamo degli Illiri, a poca distanza dai palazzi vaticani. Attraverso quella via sfuggirono alla giustizia, nascondendosi in Sud America, Stati Uniti e Medio Oriente, criminali nazisti e fascisti con in testa Ante Pavelic. Anche il massimo esponente del clero cattolico croato, Alojzije Stefinac, restò in silenzio davanti all’orrore e anzi assicurò ad Ante Pavelic «sincera e leale collaborazione», tanto da meritare l’appellativo di «arcivescovo del genocidio».

Considerato una vittima del governo comunista jugoslavo, anziché un sostenitore dei fascisti ustascia, fu beatificato da Papa Wojtyla. Ma lo sguardo obliquo del papa aveva un’altra possibile spiegazione. La beatificazione dell’«arcivescovo del genocidio» aveva permesso al Vaticano di rientrare in possesso delle proprietà immobiliari che nel dopoguerra il regime comunista aveva sequestrato alla chiesa. Il governo jugoslavo aveva chiuso e sequestrato anche il monastero francescano di Siroki Brijeg, roccaforte ideologico-religiosa del movimento ustascia e fulcro spirituale dei cattolici d’Erzegovina durante la seconda guerra mondiale. Ma non aveva potuto impedire che intorno a quel luogo continuasse a ruotare l’estremismo secessionista-nazionalista francescano.

Senza conoscere la contorta e impressionante storia dei francescani di Croazia, è difficile discernere, anche solo nei contorni, un fenomeno religioso-politico-economico come la fabbrica delle apparizioni di Medjugorje. Proprio in Erzegovina la comunità cattolica era la più compatta e numerosa dell’interna nazione e devotissima ai francescani. Costoro a metà degli anni ’70 erano entrati in conflitto con i vertici della Chiesa per delle proprietà immobiliari delle parrocchie nella loro giurisdizione, provocando un contrasto insanabile con la diocesi di Mostar (che ha la giurisdizione su Medjugorje). A quel momento risalgono i primi segni del più ampio progetto delle apparizioni. Vennero trovati rosari di fabbricazione sconosciuta in vari luoghi intorno a Medjugorje, che i francescani definirono segni premonitori o miracolosi.

Si arrivò così al 24 giugno 1981. Sei giovani e adolescenti del posto, accomunati da vincoli di parentela, dissero di aver visto «una figura femminile luminosa sul sentiero che costeggia il Podbrdo». E la descrissero così: «Tra i 18 e i 20 anni, snella, alta circa 165 cm. Il suo viso è lungo e ovale con capelli neri. (…) Ha una semplice veste azzurro-grigia che scende liberamente verso il basso mescolandosi con la piccola nuvola biancastra su cui sta in piedi. Il suo velo è bianco (…) Ha una corona con 12 stelle dorate sulla testa». La descrizione è uguale a quella dell’iconografia classica tramandata da quadri e santini, ma l’eco fu mondiale.

Già alla metà degli anni ’80, dopo che alcuni medici e studiosi cattolici si dedicarono in sommarie e modeste indagini nel tentativo di avvalorare l’intensa attività mariana di Medjugorje, pressato da alcuni colleghi, iniziò a studiare i veggenti anche il professor Marco Margnelli, neurofisiologo, ricercatore del Cnr di Milano, dell’Università di Lipsia e del North Carolina, uno dei massimi esperti mondiali di stati della coscienza e di estasi, che indagava con particolare profondità anche le relazione tra i fenomeni mistico-religiosi connessi alle droghe naturali e sintetiche.

Dopo la sua prima visita, Margnelli tornò in Italia con molti dubbi sui «francescani con il  Rolex» che gestivano la proficua attività dei veggenti.

Jozo Zovko, parroco francescano di Medjugorje, era già stato arrestato più di una volta per

«attentato alla sicurezza e all’unità dello Stato jugoslavo». E anche il «direttore spirituale» dei veggenti, il frate Tomislav Vlašic, l’estensore materiale di una lettera della Madonna al Papa (poi smentita dagli stessi veggenti) era stato accusato dal vescovo di Mostar Zanic di essere l’ideatore delle apparizioni e dalla Chiesa di «divulgazione di dubbie dottrine, manipolazione delle coscienze, sospetto misticismo, disobbedienza ad ordini legittimamente impartiti ed addebiti contra sextum» (ossia per i peccati di natura sessuale, per aver messo incinta una suora). Per questo era stato ridotto allo stato laicale con l’interdizione perpetua ad essere anche solo ospitato in un convento francescano.

Il contorno era ambiguo e opaco, però Marco Margnelli era incuriosito dai veggenti. «Mi irritava l’atteggiamento degli esperti dai quali i teologi orecchiavano le loro trattazioni, degli psichiatri o degli psicoanalisti che pontificavano paragoni e confronti tra deliri patologici ed esperienze estatiche, tra menti sane e menti malate senza mai avere visto un estatico da vicino o aver studiato una vera estasi». Infatti secondo lo scienziato «l’estasi era uno stato di coscienza» e non un evento legato al sovrannaturale. Era questo che cercava di dimostrare scientificamente.

Ritornò a Medjugorje nella seconda metà degli anni ‘80, insieme a una numerosa equipe. Vennero svolte diverse ricerche e apparve chiaro che i veggenti erano in uno stato alterato di coscienza. «Era una condizione che si può ottenere anche attraverso tecniche di meditazione, come l’auto-training, ma non in modo così profondo», dichiarò Margnelli, che voleva forse lasciare aperta la porta a future indagini. Invece il suo pensiero venne distorto per consolidare la veridicità delle apparizioni e venne diffusa la notizia che «il noto scienziato ateo Marco Margnelli si era convertito al cattolicesimo dopo aver conosciuto i veggenti». Lo scienziato ci rise sopra: «Questi sono matti» disse riguardo alla falsa notizia di una sua conversione.

La questione di Medjugorje si era trasformata ormai in una guerra a sfondo politico oltre che religioso tra istituzioni cattoliche. Più aumentava il numero di pellegrini cattolici a Medjugorje (nove milioni registrati solo nel 1987), più si acuivano i contrasti tra la Chiesa e l’Ordine francescano. Per non consegnare alla Chiesa le parrocchie contese fin dagli anni ‘70, i francescani arrivarono perfino a murare l’ingresso delle chiese e addirittura sequestrarono per 15 giorni il loro più strenuo oppositore, il vescovo di Mostar.

Poco prima del definitivo disfacimento della Repubblica jugoslava, il 10 aprile 1991, i vescovi del paese, riuniti a Zara, emisero una dichiarazione congiunta su Medjugorje: «Sulla base di quanto finora si è potuto investigare, non si può affermare che abbiamo a che fare con apparizioni e rivelazioni soprannaturali».

E anche frate Jozo Zovko, l’altra anima nera dei veggenti, nel frattempo venne sospeso dalle funzioni pastorali.

Nel 1992, allo scoppio della guerra di Bosnia, i francescani, come già era accaduto durante la guerra di Bosnia, divennero la punta di diamante dell’estremismo cattolico guerresco. Con la copertura di alcune associazioni umanitarie, come Il Pane di Sant’Antonio e la Caritas di Ghedi, (da non confondere con la Caritas italiana) si misero ad aiutare con ogni mezzo la fazione secessionista cattolica.

Alla fine della guerra vennero ignorate dai tribunali locali, ma anche da quelli internazionali, le numerose attività segrete e delittuose dei francescani, che ripresero ad occuparsi del grande business Medjugorje.

Qualcuno ha stimato che dal 1981 al 2013 «l’ammontare totale delle spese turistiche prodotte a Medjugorje si sia aggirato intorno ai 2,85 miliardi di euro. Inoltre, valutando in circa 23 milioni i pellegrini arrivati nel paesino dell’Erzegovina negli anni presi in considerazione, le spese di viaggio ammonterebbero a quasi 8,5 miliardi di euro, per un giro d’affari mondiale di circa 11 miliardi di euro». Non sappiamo se queste cifre siano esatte al centesimo, ma sono molto verosimili.

Alla fine degli anni ‘90, chi scrive incontrò il professor Marco Margnelli con l’idea di fare un documentario su Medjugorje. Nel corso degli anni, lo scienziato aveva approfondito gli studi sull’ipnosi e sugli stati di coscienza e aveva molto da dire sui veggenti di Medjugorje. Ma il progetto documentaristico venne rimandato a causa dello scoppio del conflitto in Kosovo e qualche tempo dopo il professor Margnelli si ammalò gravemente. L’idea documentaristica venne abbandonata definitivamente, ma ho ancora il nastro con quello che mi disse e ricordo la risposta che lo scienziato diede alla mia domanda se quello che i veggenti vedevano fosse un fatto sovrannaturale. «Nessun miracolo… Si tratta di autosuggestione», rispose Margnelli in modo netto.

A distanza di quindici anni dalle ultime ricerche del prof. Marco Margnelli, tra poco la parola su Medjugorje passerà a Papa Bergoglio. Anche se in questi giorni è stata diffusa ad arte la notizia che «si rischia lo scisma (tra i croati) se sconfesserà le apparizioni della Madonna», dopo aver fatto pulizia dei preti pedofili, dei monsignori affaristi, dello Ior e della finanza vaticana, quale sarà l’orientamento del Papa, che ha preso il nome di Francesco, con i francescani di Bosnia e la loro fabbrica delle apparizioni?

«La Madonna è madre! E ama tutti noi. Ma non è un capufficio della posta, per inviare messaggi tutti i giorni», ha detto qualche settimana fa riguardo le visioni quotidiane dei veggenti di Medjugorje.

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