“Arredi sacri a casa dell’ex vescovo” La tentazione di Micciché: trasferirsi in Vaticano
La Procura di Trapani, che tiene più che mai aperta l’indagine, avrebbe intanto registrato un passo ufficiale dell’ex vescovo verso la Congregazione per il Clero, che sovrintende alle attività dei sacerdoti. Micciché, infatti, avrebbe chiesto un incarico alla Santa Sede e la cittadinanza vaticana. Una circostanza che non trova riscontri ufficiali, ma che farebbe il paio con le vicende che hanno preceduto il sequestro nei confronti del prelato: prima che l’indagine esplodesse, infatti, Micciché aveva chiesto e ottenuto udienza da Papa Francesco, lamentando ancora una volta la rimozione da vescovo, una decisione di tre anni fa che il sacerdote continua a ritenere ingiustificata. Su questa notizia, però, la magistratura trapanese preferisce al momento tenersi abbottonata con i giornalisti.
D’altro canto, è proprio alla Santa Sede che punta la difesa del prelato. I suoi avvocati, secondo quanto trapela dal palazzo di giustizia, avrebbero evidenziato che trattandosi di soldi nella disponibilità del Vaticano non può esistere la contestazione del reato di malversazione, che potrebbe essere fondato solo se si trattasse di fondi sottratti all’erario italiano. Insomma: se anche se anche fosse dimostrato il dirottamento di fondi provenienti dall’8 per mille, infatti, sarebbe il Vaticano a dover procedere contro Micciché, non l’Italia. E visto che quei soldi vengono messi a disposizione della Diocesi dalla Santa Sede, cadrebbe anche l’accusa di appropriazione indebita: anche in questo caso tocca proprio al Vaticano, e dunque non alla Repubblica Italiana, accertare la spesa e verificare che uso si sia fatto di quei soldi. Una mano tesa verso piazza San Pietro.