La «rivoluzione» di Francesco

 

Ci sono delle cose che papa Ber­go­glio ha detto fin dal prin­ci­pio, che sul momento non ven­nero capite, ma si sono capite dopo, o si stanno com­pren­dendo solo ora.

Per esem­pio quando, pre­sen­tan­dosi la prima sera al popolo sul bal­cone di san Pie­tro aveva detto: «Adesso vi bene­dico, ma prima chiedo a voi di bene­dirmi» non si poteva capire, come adesso invece è chiaro, che lì c’era già l’idea di una riforma del papato: il papa non solo rien­trava tra i vescovi, come aveva detto il Con­ci­lio Vati­cano II, ma tor­nava in mezzo al popolo come uno dei fedeli, come un pastore che non solo sta in testa al gregge, ma anche sta in mezzo e die­tro al gregge, per­ché le pecore hanno il fiuto per capire la strada e per indi­care il cammino.

E così il gregge diven­tava un popolo, e il papa si rico­no­sceva mini­stro di que­sto popolo, insieme agli altri mini­stri e primo tra loro, un papa non solo uscito dal con­clave ma papa bene­detto dal popolo.

Un’altra cosa che non si era capita era quella parola «mise­ri­cor­diare», che non esi­ste né in ita­liano né in spa­gnolo e che il papa usava come un neo­lo­gi­smo, tratto dal suo motto epi­sco­pale, per defi­nire il suo com­pito. Sic­ché alla domanda: «Chi è Fran­ce­sco?», «Che cosa è venuto a fare?» che risuona anche in un mio libro uscito ora per Ponte alle gra­zie, la rispo­sta era: «Sono venuto a misericordiare».

E ora si capi­sce che cosa volesse dire. «Fare mise­ri­cor­dia» è il pro­gramma del suo pontificato.

Certo, ha intra­preso la riforma del papato, tanto che mai si era visto un papa così. Certo, ha intra­preso la riforma della Chiesa, che senza comin­ciare dal papato non si può fare. Certo, ha posto mano a una revi­sione e a un ripen­sa­mento della Curia a cui ha chie­sto di con­for­marsi a un modello alto di Chiesa, e di non appa­rire, o essere, l’ultima Corte euro­pea. Ma ancora più impor­tante di tutto ciò è l’intento di rimet­tere nel mondo, che con la moder­nità l’ha rimossa, la mise­ri­cor­dia di Dio. È Dio infatti, e non la Chiesa, che papa Fran­ce­sco annun­cia, il pro­se­li­ti­smo gli sem­bra «una scioc­chezza», men­tre la mise­ri­cor­dia gli sem­bra l’unica e ultima risorsa per la quale il mondo possa sal­varsi e vivere. Nella per­sua­sione che se si ritrova la mise­ri­cor­dia di Dio, si può far nascere la mise­ri­cor­dia anche nostra.

Per­ciò, a cinquant’anni dal Con­ci­lio e come suo pro­lun­ga­mento dopo tanto deserto, egli indice il Giu­bi­leo, che vuol dire esat­ta­mente il tempo della mise­ri­cor­dia, l’anno della misericordia.

Non si tratta di incen­ti­vare i pel­le­gri­naggi a Roma. Dove sarebbe la novità? Si tratta di pro­porre al mondo un nuovo para­digma. Intanto è chiaro che con i para­digmi in atto si va alla rovina, e in tempi brevi (c’è poco tempo, sem­bra dire il papa anche di sé); pro­viamo allora con un altro para­digma, quello della mise­ri­cor­dia, che signi­fica rico­no­scere il male, pro­prio ed altrui, chie­dere per­dono e per­do­nare, signi­fica la ricon­ci­lia­zione. Ma la mise­ri­cor­dia non sta solo nel per­dono e nella remis­sione dei pec­cati, sta anche nella remis­sione dei debiti. Nell’antico Israele il Giu­bi­leo voleva dire anche la paci­fi­ca­zione del debi­tore, il rien­trare in pos­sesso delle terre per­dute, riscat­tare beni dati in pegno o espro­priati, voleva dire la libe­ra­zione degli schiavi.

Nel giu­di­care il mondo in cui viviamo papa Fran­ce­sco usa il cri­te­rio della mise­ri­cor­dia. E per que­sto lan­cia il Giu­bi­leo. L’economia che uccide, la società dell’esclusione, la glo­ba­liz­za­zione dell’indifferenza, i poveri che invece di essere sola­mente sfrut­tati ed oppressi, oggi sono anche scar­tati e messi fuori per­fino dalle peri­fe­rie, sono tutti giu­dizi che papa Ber­go­glio dà di un mondo che è senza misericordia.

Se avesse mise­ri­cor­dia, rimet­te­rebbe il debito alla Gre­cia, per­met­tendo alla gente di avere la luce per la notte e il gas per cuci­nare, e sarebbe resti­tuita alla Gre­cia la libertà poli­tica usur­pata da poteri estra­nei e non respon­sa­bili di fronte a quel popolo.

Se avesse mise­ri­cor­dia non lasce­rebbe che masse intere di uomini e donne, e una gene­ra­zione intera di gio­vani, fos­sero escluse dal lavoro, disoc­cu­pati, licen­ziati, esu­beri, pre­cari. Se il lavoro fosse solo il mezzo per gua­da­gnarsi da vivere, anche un minimo di red­dito assi­cu­rato a tutti potrebbe essere una solu­zione. Ma se il lavoro è la dignità stessa della per­sona, come dice papa Fran­ce­sco, allora la mise­ri­cor­dia oltre a garan­tire un minimo vitale, dovrebbe mobi­li­tare tutte le risorse, pub­bli­che e pri­vate, per­ché il lavoro per tutti torni ad essere un’altissima prio­rità della politica.

Se la mise­ri­cor­dia fosse all’opera, il mondo non sta­rebbe a tra­stul­larsi davanti agli eccidi in Medio Oriente e in Africa, sarebbe una prio­rità met­tere fine con tutti i mezzi legit­timi, a guerre e ster­mini sacri­fi­cali, magari misti­fi­cati con moti­va­zioni reli­giose, a cui il papa ha defi­ni­ti­va­mente tolto ogni legit­ti­ma­zione annun­ciando un Dio nonviolento.

E cosa sarebbe un vero Giu­bi­leo della mise­ri­cor­dia, un anno di vera libe­ra­zione e ricon­ci­lia­zione, di fronte alla tra­ge­dia dei migranti, di fronte a un’Europa senile, ste­rile, come Fran­ce­sco l’ha defi­nita, che ha finito per accet­tare di essere sponda di un mare diven­tato un cimitero?

Qui si potrebbe azzar­dare una pro­po­sta, un sogno, o più ancora un pro­getto poli­tico per­ché il Giu­bi­leo diventi l’anno di una mise­ri­cor­dia reale. È la pro­spet­tiva poli­tica di por­tare a com­pi­mento la mar­cia dei diritti inau­gu­rata dall’illuminismo, e di abo­lire, a comin­ciare dall’Europa, l’ultima discri­mi­na­zione che ancora divide gli esseri umani tra uomini e no: la discri­mi­na­zione della cit­ta­di­nanza, Deve finire il tempo in cui i diritti, anche i più «fon­da­men­tali» diritti umani, sono diritti del cit­ta­dino, gli altri, gli stra­nieri, gli extra­co­mu­ni­tari, i pro­fu­ghi, i migranti, gli scarti ne sono esclusi. Come già ave­vano intuito i giu­ri­sti dopo la “sco­perta” dell’America, il diritto di migrare, il diritto di sta­bi­lirsi in qual­siasi terra, dovun­que si sia nati, è un diritto umano universale.

Allora la rivo­lu­zione comin­ciata da papa Fran­ce­sco quando per prima cosa è andato a get­tare una corona di fiori nel mare di Lam­pe­dusa, dovrebbe con­ti­nuare e giun­gere fino alla caduta di tutte le fron­tiere, all’apertura di tutti i con­fini. Certo, allora andrebbe poten­ziata l’economia pri­vata e pub­blica per man­te­nere i livelli di vita già rag­giunti dai resi­denti e per­met­tere ai soprag­giunti di tro­vare spa­zio e vivere, e in tal modo la poli­tica dovrebbe assu­mere vera­mente il com­pito di far cre­scere tutta la società.

Ma sarebbe dav­vero un’altra società, e un altro mondo, se per una scelta di mise­ri­cor­dia, cioè di reci­proca acco­glienza tra tutti, oltre ogni bar­riera, per l’anno del Giu­bi­leo arri­vas­sero a Roma non solo migliaia di pel­le­grini, ma tutti potes­sero muo­versi da un Paese all’altro, viag­giando non sui bar­coni della morte e delle mafie, ma su treni, navi e aerei di linea.
Altri­menti la mise­ri­cor­dia la togliamo dal mondo e la lasciamo tra i fumi degli incensi.

ilmanifesto.info

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