Celibato e sacerdozio: lettere a “Famiglia Cristiana”

Celibato e sacerdozio: lettere a “Famiglia Cristiana”
 
È questa imposizione che rende così difficile per molti sacerdoti, soprattutto fra i più giovani, la fedeltà alla regola del celibato. Un problema di coscienza per i singoli, costretti a lasciare la Chiesa o a vivere con vergogna e circospezione il proprio amore clandestino. Un problema di depauperamento e annichilimento per la Chiesa, sempre più povera di pastori per i suoi fedeli.

La gravità della situazione emerge con chiarezza dalle pagine del settimanale cattolico dei paolini, “Famiglia cristiana” che, sul numero 18/2000, ospita ben dieci lettere di sacerdoti, preti sposati, mamme di sacerdoti, toccati dal problema.

“Sono un sacerdote molto anziano”, scrive un parroco quasi novantenne ma ancora costretto al servizio permanente. “Il mio arcivescovo mi stima ancora in forma”, aggiunge; il vero problema è un altro: non c’è nessuno per sostituirlo. “Nella Chiesa si fanno continuamente convegni e assemblee oceaniche – obietta il vecchio sacerdote – ma il più grande di tutti i problemi è l’annichilimento del clero” e di questo non si parla. Inoltre la penuria di sacerdoti spinge “i superiori” ad accettare chiunque, anche i non adatti: “cosa è meglio – si chiede allora l’anziano sacerdote – un uomo sposato o un prete celibe ma privo di fede e di amore?”. “Non è il celibato che santifica – conclude -, si può essere santi pur essendo santamente sposati”. Infatti “nei primi tre secoli del cristianesimo quasi tutti i vescovi e i presbiteri erano sposati: eppure la fede cristiana si diffuse in tutto il mondo conosciuto” e “milioni di cristiani affrontarono il martirio per non rinnegarla”.

“Il problema del sacerdozio è gravissimo”, scrive Alessandro F., prete sposato. “Non si tratta di trovare “più” vocazioni sacerdotali, ma di trovarne di “nuove” che sappiano vivere il sacerdozio ministeriale nella Chiesa del Duemila”. “I preti sposati – nota – sono uno dei sintomi del malessere del sacerdozio”. “Ma forse – aggiunge – sono anche una delle “nuove” vocazioni che potrebbero aiutare la Chiesa a superare l’attuale difficoltà”. Per “molti giovani”, obietta Alessandro, il celibato è “un ostacolo insormontabile”, e per tanti sacerdoti non è stata “una libera scelta”: “nessuno li aiuta a cercare la loro vocazione, sono delicatamente e abilmente manipolati”.

“Ogni prete che si trova a scoprire l’intensità e la bellezza dell’amore – scrive un altro parroco, don G. F. – si trova immediatamente di fronte al dilemma se lasciare il ministero oppure no”. Perché, chiede, “il vangelo che ho annunciato fino a ieri non è più valido solo perché amo una donna?”. “No”, non è questo il punto. “Il problema è tutto nella paura secolare che la Chiesa, istituzione tendenzialmente gerarchica, statica e formale, ha di fronte alla sessualità e alla donna”. I1 celibato “è un dono”, conclude don G. F., “stranamente ne capisce la grandezza solo chi nella vita ha amato. E sa cosa significa amare”.

“Sono un sacerdote celibe ordinato da dieci anni” e “da alcuni anni ho un’amicizia con una donna”, racconta, con “paura e difficoltà”, don Antonio E. Una donna “importante per la mia vita” e, confessa, “non mi sento di staccarmi da lei. Nonostante tutto, con l’aiuto di Dio porto avanti una comunità parrocchiale”. Perché, domanda don Antonio, il papa e i vescovi non dibattono con i sacerdoti su questo problema? “Io credo che con una donna al hanco ci sia più motivo per confrontarsi e comprendere i problemi così complessi della famiglia”.

“Perché questo accanimento nella conservazione del celibato?” chiede il direttore di “Famiglia cristiana”, don Antonio Sciortino, rispondendo alle varie lettere. “Che non si tratti di un precetto del Signore, e che quindi sia possibile alla Chiesa rivedere o abbandonare questa disciplina, ormai lo sanno tutti”. E “neppure – continua – si potrebbe sostenere che il matrimonio sia incompatibile con il ministero pastorale, quasi che l’esperienza dei preti coniugati della Chiesa orientale e quella dei secoli nei quali il celibato non si era imposto universalmente meritassero una valutazione negativa”.

Certo, osserva, “nessuno è obbligato a farsi prete” e quindi a scegliere il celibato. I1 problema, però, è serio anche se “l’opinione pubblica non sa accostarsi al tema con attenzione rispettosa. E la pruderie che l’argomento suscita rende difficile una discussione aperta”. Comunque sia, “sembra che se ne discuta più sui giornali che all’interno della Chiesa”. Possibile, azzarda Sciortino, che la “Chiesa non ha nulla di meglio da fare che conservare la sua disciplina tradizionale.?”. Intanto “la mancanza di preti sta salendo a livelli drammatici”. Bisogna scoprire “nuove vie”, suggerisce quindi il direttore di Famiglia cristiana, per cui far “passare la chiamata di Dio al ministero pastorale”: la Chiesa, propone Sciortino, “senza abbandonare la strada maestra della dedizione totale, quella del celibato e dell’esercizio del ministero a tempo pieno, potrebbe scoprire nuove possibilità”, “ordinando, ad esempio, persone mature già sposate, come suggerisce il Concilio Vaticano II. O anche permettendo il nuovo esercizio del ministero a preti che l’hanno abbandonato per farsi una loro famiglia”.

“Disporre di diverse figure di prete – insiste don Antonio – offrirebbe il vantaggio di poter risolvere più facilmente il problema di coloro che si trovassero nell’impossibilità, per particolari circostanze, di continuare a vivere nel celibato”.

adista

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