Senza certificato penale niente processione (Osservatore Romano)

Città del Vaticano, 11 lug. (TMNews) – “Per riuscire a tenere fuori dalle processioni la criminalità organizzata sono indispensabili regolamenti più incisivi, che prevedano formazione cristiana vera, permanente, magari l’obbligo di esibire il certificato penale, perché le confraternite e i comitati feste siano trasparenti e vicini al dettato evangelico, respingendo le ingerenze mafiose”. E’ la proposta formulata dall’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, Vincenzo Bertolone, in un articolo sull’Osservatore Romano – con richiamo in prima pagina – intitolato “I discorsi non bastano più” (sottotitolo: “Per purificare la religiosità popolare”).

“L’ho pensato più volte, dentro di me, nel leggere le cronache da Oppido Mamertina, con la processione fermata in segno di devozione davanti alla casa del boss locale, come del resto pare avvenisse da trent’anni, o quelle che raccontano dei detenuti mafiosi del carcere di Larino, pronti a disertare la messa ritenendo non avere essa un senso dopo la scomunica caduta sulle teste dei mafiosi”, scrive monsignor Bertolone. “Fatti diversi, eppure collegati da un filo rosso: le parole di Papa Francesco, che il 21 giugno, a Sibari, non ha certo peccato di chiarezza: ‘I mafiosi sono scomunicati’. Un’affermazione prorompente, quanto la verità sulla quale essa poggia”.

“Nei prossimi giorni – ricorda Bertolone – la Conferenza episcopale calabra, convocata dal suo presidente monsignor Salvatore Nunnari, si riunirà per offrire le risposte giuste”.

Il vescovo di Catanzaro, che cita Giovanni Falcone (“Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione”), scrive che “la magistratura e le forze dell’ordine devono fare e fanno la loro parte, ma a noi tocca fare la nostra: se non cambiamo il cuore, se non troviamo il coraggio di vivere il Vangelo con coerenza, se non passiamo dalle parole ai fatti in tutti gli ambiti, vedremo la mafia radicarsi sempre più in questa nostra terra. Occorre uscire dalle sacrestie, abitare i territori; vivere da credenti e cittadini adulti e solidali; contrastare la prepotenza con la forza della denuncia e, soprattutto, con la testimonianza di una vita buona che non ha paura di andare controcorrente. Occorre un cambio di mentalità”. In particolare, “a una criminalità dai tratti violenti, pervasivi, che fagocita capitali e risorse, che amministra affari vergognosi e ricicla denaro sporco, bisogna contrapporre la cultura della pulizia e della legalità”.

Conclusione con le parole di don Pino Puglisi: “E’ importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore, ma se ci si ferma a questo livello sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”.

Ska

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