Alberto, ex sacerdote racconta: “Lasciai l’abito per amore di Elena. Papa Francesco, elimina l’obbligo del celibato”

“L’amore per Dio e l’amore per una donna non sono in contraddizione”. Parola di Alberto Stucchi, ex priore del monastero di Chiaravalle, nel Milanese, che lasciò la vita religiosa per sposare Elena, la donna di cui si era innamorato. La stessa considerazione riproposta qualche giorno fa da 26 “fidanzate” e amanti di sacerdoti in una lettera inviata a Papa Francesco. Anche per loro il celibato non ha senso e produce solo sofferenze e ipocrisia. “Rappresenta una imposizione da superare, anche perché non è un dogma sacro ma una regola degli uomini”, sottolinea con trasporto l’ex ministro di Dio.
Ricorda quanto fervidamente, fin da giovanissimo, desiderasse seguire la vocazione. “Scelsi così di fare il monaco. Mi attraeva la vita di silenzio, preghiera e lavoro. Poi all’interno del monastero, con lo studio e la riflessione, arrivò in maniera naturale la voglia di fare il sacerdote. Di dedicarmi più concretamente agli altri”, racconta.
La ricordano senza macchia, ispirato, capace e generoso. Dopo 11 anni di ministero religioso però, nel 2002, conosce Elena e nasce un grande amore.
“Sì. Ed io per primo mi stupisco di quell’amore imprevisto. Non è crisi vocazionale comunque. In monastero sto proprio bene. Non avverto tuttavia alcuna contraddizione tra l’amore per Dio e quello per Elena. Anzi quel nuovo tipo di amore mi porta a pregare di più, a guidare ancora meglio la comunità. Mi fa capire maggiormente le persone che si rivolgono a me e chiedono di confessarsi”.
A quel punto cosa succede?
“Mi confido con i confratelli. Spira un vento nuovo in quel periodo. Il nuovo Papa invita a gettare le reti un po’ più al largo. Sento di poter parlare di questo sentimento sbocciato come un fiore. I tempi cambiano mi dico, magari quel fiore può portare novità”.
Spera cioè di poter amare il sacerdozio, Dio, e allo stesso tempo una donna?
“Sì, penso anzi che l’amore di una donna consenta di fare ancora meglio. In un primo tempo mi dico che l’amore si può dividere come una torta: una fetta a Dio ed una alla persona amata. Poi capisco invece che una cosa amplifica l’altra, senza contraddizioni. Mi rendo conto di avere una carica molto maggiore di prima e una sensibilità umana più acuta. Mi sento arricchito. E lo dico chiaramente a chi di dovere”.
E come si comportano i suoi superiori?
“Sostanzialmente si crea subito il terrore. Mi dicono che sono giovane, quindi è comprensibile un momento di sbandamento. Spiego di non sentire alcuno sbandamento. Io ed Elena tentiamo di dialogare, di proporre un esperimento. Mi rispondono col diritto canonico. Ribatto che il diritto evolve , può cambiare, e cito Gesù: la legge è al servizio dell’uomo, non l’uomo della legge. Alla fine pronunciano le fatidiche parole: o dentro o fuori”.
Non esiste alcun dogma religioso che imponga il celibato ai sacerdoti.
“Esatto. Le leggi ecclesiastiche hanno ragioni pratiche, non solo teologiche. Un esercito di soli uomini senza famiglia è più controllabile. Ma tant’è. Ho tentato di dialogare ma ho dovuto lasciar perdere. Soprattutto non potevo sopportare che Elena venisse considerata come la fonte di ogni male”.
Stando a quanto ha scritto, le fecero intendere che poteva continuare il rapporto con la sua donna purché lo tenesse segreto.
“ Sì. Come sacerdote andavo bene, mi dissero. E qualcuno in monastero mi fece intendere che potevo continuare il rapporto con una donna, l’importante era tenerlo nascosto. Per me tuttavia era inaccettabile. I nostri sentimenti non erano da nascondere. E certo non era da nascondere la donna che amavo. Non voglio giudicare chi fa in altro modo, perché in tali casi c’è molta sofferenza e tanti finiscono combattuti, ma personalmente non potevo comportarmi così”.
Anche le 26 donne che hanno scritto a Bergoglio parlano di ingiustizia e ipocrisia. Dicono di vivere con sofferenza il dramma della clandestinità del rapporto con gli uomini che amano e dai quali sono amate. Che quegli uomini di fede vorrebbero non dover scegliere. Vorrebbero potersi dedicare sia all’amore divino che all’amore di una donna. Pensa possano aspettarsi qualcosa di nuovo dalla Chiesa? Cosa direbbe lei a Francesco?”.
“Sinceramente sono demoralizzato. Sul fatto che serva dialogare con l’istituzione ecclesiastica non nutro più speranze. Potrei tuttavia dire le stesse cose di allora: non dovrebbe essere necessario scegliere. La scelta la impongono loro. Si dovrebbe poter servire Dio sia restando celibi che creando una famiglia. Nella vita le cose semplicemente accadono, e le cose belle portano altre cose belle”.
Lei ha detto una volta “penso che l’unico tempio sia l’interiorità dell’uomo”. Lo pensa ancora?
“Altroché se lo penso. Essere in pace con la propria coscienza e sentire di essere in sintonia con Dio, questo è l’essenziale”.
Ma perché a suo avviso la Chiesa non vuole che i sacerdoti si sposino?
“Bisognerebbe chiederlo a loro (ride, ndr). Diciamo così: la Chiesa è una istituzione molto complessa, se cambiano alcune piccole cose ne traballano molte altre”.
E’ molto diffuso il problema dei sacerdoti che vivono dei rapporti sentimentali nell’ombra?
“Certamente. Perciò mi auguro che col tempo, fossero pure secoli (la risata stavolta suona mesta, ndr), certe cose cambino. E per questo sono contento della lettera scritta al Papa. Sostengo le coraggiose donne che l’hanno inviata, le comprendo e sono dalla loro parte. Spero però non si illudano troppo. Credo sia difficile veder prendere a breve una decisione contro il celibato sacerdotale”.
Eppure neppure il Vangelo è in contraddizione con la possibilità per i preti di vivere il rapporto con una persona amata.
“Il messaggio del vangelo è un messaggio d’amore. Mette l’uomo sopra ogni cosa. Invece, quando l’uomo è fuori da certe regole, la Chiesa non lo considera più. Anche queste donne sono meravigliose e non vengono accolte”.
Non accolgono l’amore, come nel suo caso?
“Sì. Mi imposero di rinunciare alla mia Elena. In pratica mi dissero che per continuare ad avere il patentino per diffondere l’amore dovevo rinunciare all’amore. E mi sospesero a divinis”.
Oggi non coltiva più anime ma fiori, fa il giardiniere. Vive in mezzo alla natura che tanto ama. Purtroppo Elena – da lei sposata con rito civile – non c’è più. Cinque mesi fa un male incurabile l’ha portata via. In teoria è in regola per rientrare tra le braccia di Santa Romana Chiesa. Lo farà?
“Non posso, nonostante non abbia mai rinunciato ai voti. In questi anni ho capito davvero che l’interiorità dell’uomo è il vero tempio. Che la spiritualità posso viverla intensamente nella relazione col prossimo. No, non potrei rientrare in quella istituzione. Mi sembrerebbe di limitare molto le mie possibilità, di infilarmi degli abiti ormai troppo stretti”.
Si è mai pentito della sua scelta?
“Assolutamente no. Mai. Anche durante gli ultimi mesi di vita di Elena il nostro amore è stato qualcosa di grande, unico e puro. Auguro a tutti di provare un sentimento simile. Ringrazio in ogni momento di aver potuto vivere questa meravigliosa esperienza. Di aver avuto il privilegio di percorrere un pezzo della mia vita con una donna come lei”.
di Ignazio Dessì – notizie.tiscali.it
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