Mamma mia, quanto cinismo sulla suora di Rieti

L’ormai ex religiosa ha lasciato l’ospedale, inseguita da tv e cronisti di tutto il mondo. Perché la sua riservatezza non è stata tutelata fin dal ricovero?

In una piccola città le notizie corrono veloci, il pettegolezzo ancor di più. E, se è pruriginoso, vola come il vento. Rieti non fa eccezione. Così, non sarà facile capire chi abbia diffuso – e come si sia potuta propagare così rapidamente e, da Rieti, fare letteralmente il giro del mondo – la notizia della suora che la scorsa settimana ha dato alla luce un bimbo al San Camillo de Lellis, l’ospedale cittadino. Il clamore intorno all’evento è stato tale da coprire totalmente la questione della tutela della privacy della partoriente. Ma non è un buon motivo, adesso che la signora ha lasciato l’ospedale, far finta che non sia successo niente, che non ci sia stata una violenta e crudele esposizione mediatica, a livello addirittura mondiale, di una vicenda delicata, personalissima e privatissima, che tale doveva rimanere.

C’è stata qualche leggerezza da parte dei sanitari reatini? In tal caso non ci sarebbe da meravigliarsi se la Asl di Rieti decidesse di condurre un’inchiesta interna sulla violazione dell’obbligo di riservatezza imposta dalle norme di tutela dei pazienti e dalla normativa sulla privacy dei dati sensibili. C’è perfino il profilo di violenza sulla persona in tutto quel che è seguito e che, purtroppo, seguirà per la malcapitata mamma. Perché intervenga eventualmente anche la procura di vorrebbe una denuncia dell’interessata. Ma è possibile anche l’apertura di un fascicolo – se saranno individuati gli estremi – semplicemente sulla scorta di quanto hanno riferito i giornali.

È pur vero, d’altra parte, che quando la notizia è rimbalzata fuori dell’ospedale diventando news mondiale, i responsabili del de Lellis hanno protetto efficacemente la puerpera, assegnandole una stanza singola, e così tenendo curiosi e cronisti alla larga, e lo hanno fatto anche specificamente su richiesta della donna, giustamente stupita e sgomenta di tanto clamore e di tante incredibili insinuazioni, tutte con l’evidente sottotesto della suora peccatrice e lubrica.

Ma, al momento del suo ricovero ci deve essere stato un passo falso. Sul sito della cronaca locale del Messaggero, il 17 gennaio, Marco Bergamini racconta del ricovero della suora, descrivendo i primi istanti, quando un’ambulanza va a prenderla, e poi il suo arrivo al pronto soccorso: «Il personale paramedico – scrive il cronista – giunto in via Belvedere (il convento) si è reso conto che qualcosa non andava. Ma la giovane salvadoregna ha detto di non sapere di essere incinta e il foglio di intervento ancora recita “mal di pancia, probabilmente a causa di una colica renale”. Al pronto soccorso, però, è stata sufficiente un’ecografia ordinata dal dottore di turno per stilare un foglio di ricovero fin troppo chiaro: “Sospetta gravidanza di suora”».

Scrivere su una cartella o un referto la “qualifica” della paziente rientra nei compiti del medico? O non viola forse la privacy della paziente? La notizia stessa di un ricovero, che non ne preveda l’informazione alla polizia, non dovrebbe uscire da un ospedale.

Altrettanto riservato dovrebbe restare quel che dice la paziente ai medici, agli infermieri, all’assistente sociale. Nei giorni scorsi c’è stata invece una generosa profusione di dettagli sulla suora-mamma. Si è distinta la dottoressa Anna Fontanella, assistente sociale del presidio ospedaliero, che ha fatto da tramite con i cronisti. Sta di fatto che ieri, lasciando l’ospedale, come riferisce ancora il Messaggero di Rieti, l’ormai ex suora «s’è lamentata parecchio», «prima con la dottoressa Dini, in reparto, poi con l’assistente sociale Anna Fontanella, che tanto le è stata vicino – efficacissimo filtro con il mondo esterno (sic) – e alla fine con Sandra, l’amica salvadoregna che l’ha aspettata al freddo per ore. “Perché tutto questo scandalo?”, si è sfogata con tutte e tre. E loro l’hanno vista così amareggiata che non hanno avuto neppure il coraggio di raccontarle la verità».

Già, qual è la verità? «La verità – spiega il cronista – è che sono piombate a Rieti – riconoscibili a occhio nudo per le stradine del centro – diverse troupe di tv sudamericane che chissà cosa darebbero per un’intervista con Roxana. Un continente intero – storicamente avido di telenovelas – sta aspettando, a loro dire, le prime foto di Francesco Alessandro».

@GuidoMoltedo – europaquotidiano

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