Il prossimo concilio vaticano si farà via Internet

La serata si è conclusa con una torta per festeggiare i suoi 90 anni, ma il vero regalo, alle tante persone presenti al teatro dell’Immacolata di Venegono Inferiore, lo ha fatto lui, monsignor Luigi Bettazzi, vescovo emerito d’Ivrea, uno degli ultimi cinque testimoni del Concilio Vaticano II, capitolo fondamentale nella storia della Chiesa cattolica.
Bettazzi, dialogando con la giornalista Maria Teresa Antognazza, ha ricordato con straordinaria freschezza, allegria e grande umanità i momenti cruciali delle quattro sessioni in cui si svolse il concilio, sotto i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI, a cui parteciparono cardinali e vescovi di tutto il mondo. «Per capire veramente un concilio e metterlo in pratica ci vogliono almeno 50 anni – ha detto Bettazzi-. Allora, per la prima volta, ci siamo sentiti vescovi nel mondo, vivendo con fraternità quella collegialità voluta da Papa Giovanni».
La Chiesa si sentiva universale e usciva dal suo provincialismo, riscoprendo il valore della persona umana, della coscienza e soprattutto della bibbia. Il concilio si svolse dal 1962 al 1965, anni in cui la società era in fermento sotto la spinta di nuove istanze sociali che avrebbero poi dato vita al Sessantotto. I giovani contestavano il vecchio ordine costituito e in chiesa, al posto delle lettere di San Paolo, spesso si leggeva Che Guevara. E il concilio, secondo Bettazzi, servì soprattutto a loro, ai ragazzi di allora, perché li aiutò a trovare un’identità.
«Essere cristiani non è un privilegio, è una responsabilità». Monsignor Bettazzi nella sua vita di responsabilità se n’è prese tante: partecipò agli scioperi degli operai della Val di Susa che gli costarono un processo («Se assolvete me, dovete assolvere tutti», e così fu), scrisse lettere a Enrico Berlinguer, segretario del partito comunista italiano, e si offrì alle brigate rosse in cambio della liberazione del presidente democristiano Aldo Moro. Nel 1992 partecipò alla marcia pacifista organizzata da Pax Christi, insieme a don Tonino Bello, nel mezzo della guerra civile in Bosnia. Non sempre le sue scelte venivano accettate dai vertici della chiesa e in alcuni casi gli procurarono qualche grattacapo con i superiori. Il patriarca di Venezia, Albino Luciani, che poi diventerà Papa per soli trenta giorni, scrisse una lettera in cui lo rimproverava di parlare indebitamente, nelle sue relazioni epistolari con Berlinguer, a nome della Chiesa. «In seguito – sottolinea Bettazzi – quando Luciani fu eletto Papa, mi fecero sapere che scrisse quelle cose perché costretto dai piani alti».
La collegialità, l’ecumenismo, la parola di Dio, il ritorno a una chiesa povera tra i poveri erano i cardini del Concilio Vaticano II. C’è voluto mezzo secolo per riportare la chiesa tra le persone, ma alla fine, con Papa Francesco, ci si è arrivati. E i prossimo Concilio? «Si farà sicuramente via internet».

varesenews.it

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