In due paginate consecutive due notizie contrapposte sul Vaticano

Sfoglio “Repubblica” di oggi, e non posso non notare l’ironia della sorte, se tale veramente è stata, che ha accoppiato in due paginate consecutive due notizie contrapposte sulla Chiesa.

La prima è una pubblicità a pagamento, relativa alle “Destinazioni dell’8xMille alla Chiesa. Cattolica”. Per il 2011, si è trattato di 1064 milioni di euro, così utilizzati: 235 milioni per “la carità in Italia e nel terzo mondo”, 468 per “le opere di culto e pastorale per la popolazione”, e 361 per “il sostentamento dei sacerdoti”.

Ora, l’8 per 1000 è stato introdotto nel 1986 in sostituzione della vecchia congrua, che pagava appunto lo stipendio ai sacerdoti. Poiché solo un terzo dell’imposta viene utilizzata a quel fine, la logica vorrebbe che l’eccedenza venisse trattenuta dallo Stato.

O, se si preferisce, l’illogica della revisione del Concordato, firmata da quel farabutto di Craxi, ha praticamente triplicato l’onere del tributo, a carico dei cittadini italiani e a favore della Chiesa.

La quale utilizza quasi metà del ricevuto per faccende molto prosaiche, come la “nuova edilizia di culto”: cioè la costruzione di nuove chiese (in un paese in cui, com’è noto, esse scarseggiano drammaticamente), ovviamente esentate dall’Imu. O per imprecisate “iniziative di rilevo nazionale”: probabilmente sfilate in costumi medievali, o gite in varie e variopinte Disneylandie della creduloneria.

La seconda notizia è la condanna per pedofilia a 9 anni e mezzo di don Seppia, parroco di Genova. Uno dei sacerdoti sostentati con i 361 milioni dell’8 per 1000, ma non l’unico pedofilo. Anzi, uno dei tanti in Italia e nel mondo, benché nel mondo se ne parli molto più che in Italia.

Il Papa ha pianto, soprattutto all’estero, molte lacrime di coccodrillo per le sue “pecorelle smarrite”. Anche se il rapporto ufficiale sui casi dell’Irlanda, ad esempio, ha mostrato che non si tratta affatto di casi singoli, ma di un vero e proprio “comportamento endemico” del clero.

Le lacrime sono liberatorie, ovviamente. Ma non sarebbe anche “degno e giusto, equo e salutare” restituire i fondi utilizzati per l’allevamento e il pascolo di questi lupi, pastoralmente travestiti da pecore nere?

dal blog Odifreddi

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