UN FUTURO PASQUALE PER LE RELIGIONI: MORIRE AGLI INTERESSI ISTITUZIONALI, RISORGERE AL SERVIZIO DELL’UMANITÀ

DOC-1808. ROMA-ADISTA. La sensazione è quella di “restare schiacciati dall’enormità del compito” che ci si trova di fronte: nell’epilogo del quarto volume della collana “Por los muchos caminos de Diós”, dedicata dall’Asett (Associazione dei teologi e teologhe del Terzo Mondo) all’incontro tra Teologia della Liberazione e Teologia del pluralismo religioso (v. Adista n. 86/06), il teologo José María Vigil (curatore dell’opera insieme a Marcelo Barros e Luiza Tomita) illustra chiaramente la portata della sfida. Per quanto si trovi ancora ad uno stadio iniziale, spiega Vigil, la Teologia del pluralismo religioso rappresenta “il futuro della teologia”, e, per quanto si tratti ancora dell’intuizione di pochi, il paradigma pluralista si pone come “la matrice del pensiero e del nuovo ethos in cui deve essere riversato il cristianesimo”, quello a partire da cui dovrà essere riscritta ogni teologia. E quello per cui sta già iniziando a passare la Teologia della Liberazione, senza perdere nulla della sua prospettiva liberatrice, ma riconvertendo tutto in chiave pluralista.
Compito enorme, si diceva: enorme perché la prima fase della nuova costruzione “consisterà, in buona parte, nella demolizione e nello sgombero del terreno”; enorme perché le istituzioni religiose dovranno “accettare di morire agli interessi egoistici per resuscitare rinnovate, convertite, al servizio dell’umanità” e perché altrettanto dovranno fare le persone religiose: “morire a poco a poco alle proprie convinzioni, ipotesi, teologie e spiritualità e rinascere ad un’altra maniera di credere”.
Ma per quanto impegnativo possa apparire il compito, non sarà possibile sfuggirgli: più si aspetterà, sottolinea Vigil, prima arriveranno le diserzioni. E perché, poi, fuggire “dinanzi ad una nuova grande ‘ondata’ dello Spirito nella storia”? Dopo quella rappresentata dall’irruzione della spiritualità della liberazione e, prima di questa, quella che ha comportato la riconciliazione con i valori della coscienza moderna, la nuova ondata dello Spirito legata al pluralismo religioso “ci apre a un nuovo ciclo storico”, che “promette di ‘fare nuove tutte le cose'”. Per questo, afferma Vigil, per molti teologi e teologhe “fare Teologia del pluralismo religioso non è un semplice lavoro accademico”, ma “un’esperienza spirituale”: un compito “profetico, perché richiede conversione”. E neppure si può considerare la Teologia del pluralismo religioso come “lotta interna” all’universo ecclesiastico o religioso: si tratta, piuttosto, di “un intervento storico” che mira alla trasformazione del mondo, in quanto, scrive Vigil citando il teologo Paul Knitter, “solo le religioni del mondo, unite, possono salvare l’umanità dal grande dramma che oggi la tiene prigioniera, che è precisamente l’egemonia dell’altra ‘religione’ competitiva, la religione del Mercato che minaccia di far collassare l’umanità e lo stesso pianeta”.
(claudia fanti)
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