La visita e le critiche del clero tedesco

«Mai come nell’anno passato tanti cristiani hanno abbandonato la chiesa cattolica, hanno dichiarato alle gerarchie ecclesiastiche di non riconoscersi più nella loro guida o hanno “privatizzato” la loro vita di fede per prendere le distanze dall’istituzione. La chiesa ha il dovere di comprendere questi segnali e di spogliarsi delle sue strutture fossilizzate per guadagnare nuova linfa vitale e nuova credibilità».

UN MALESSERE DIFFUSO. È questo un passaggio chiave del Memorandum messo a punto da una schiera di oltre 300 teologi, la maggior parte tedeschi, che, nella primavera scorsa, prendevano spunto dal deflagrare dello scandalo pedofilia in Germania per dare voce a un dissenso diffuso nella chiesa tedesca verso il magistero del papa e il potere vaticano. Alla vigila della visita di Benedetto XVI in Germania, la terza del suo pontificato, il malessere del cattolicesimo continentale in particolare tedesco, austriaco, svizzero – ma che si estende anche alle chiese dei Paesi Bassi della Francia e tocca la Gran Bretagna – non può più essere rimosso o guardato con indifferenza dal pontefice.

IL SACERDOZIO PER I LAICI. Lo scandalo degli abusi sessuali ha fatto da detonatore per la riapertura di questioni cancellate ormai da tempo dal dibattito ecclesiale: l’obbligatorietà del celibato è tornata in discussione, mentre torna la richiesta di aprire il sacerdozio ai laici attraverso la figura dei viri probati (uomini moralmente retti, anche sposati, che possono celebrare messa) e di dare maggior ruolo alle donne. Ma soprattutto le critiche si rivolgono a un potere ecclesiale ancora patriarcale divenuto l’interlocutore privilegiato di poteri politici ed economici. Al contrario «l’impegno per la legge e la giustizia, la solidarietà con i poveri e gli oppressi», è spiegato nel Memorandum, «sono teologicamente norme fondamentali risultanti dall'obbligo della chiesa al vangelo. In questo è il nostro amore per Dio e per il prossimo concreto». Il discorso al Bundestag sul difficile rapporto fra etica e finanza Un'immagine della cattedrale di Erfurt. Una agenda assai complessa, insomma, quella che attende Benedetto XVI: quattro giorni intensi durante i quali non mancheranno contestazioni, anche forti, e bagni di folla. Il papa dovrà dare risposte convincenti anche a quel clero – centinaia di preti in Austria e Germania – che ormai dissente pubblicamente da un magistero di segno conservatore, votato a una prospettiva di chiesa identitaria e arroccata su un’intransigenza etica che tocca, secondo i critici teologi tedeschi, lo stesso principio della libertà di coscienza del credente.

LA VISITA A ERFURT E BERLINO. Il Papa visiterà Erfurt, la città di Martin Lutero e, per la prima volta, Berlino, dove è chiamato a tenere un atteso discorso al Bundestag. «Da questo discorso», ha spiegato monsignor Florian Schuller, rettore dell'Accademia cattolica della Baviera, «penso ci si aspettino degli impulsi per una morale politico-economica, anche per via della colossale crisi mondiale e non soltanto finanziaria. Questa è anche una crisi della perdita di fiducia nelle possibilità di risoluzione dei grandi problemi dell’umanità». Dunque fra i temi centrali della visita ci sarà quello del rapporto fra etica e finanza.

LO SCANDOLO DEGLI ABUSI SESSUALI. Ma certo, il papa, dovrà fare i conti – ancora una volta – con la questione degli abusi sessuali che ha sconvolto, fra le altre, la chiesa tedesca. Lo scandalo esplose con i fatti di violenza e abuso avvenuti nel celebre collegio dei gesuiti Canisius, a Berlino. Oggi, l’allora rettore, padre Klaus Mertes, che denunciò gli abusi e chiese scusa pubblicamente, segnala ancora l’esistenza, nella chiesa, di «tabù e strutture della doppia morale» e poi «mutismo nel campo della pedagogia sessuale, uno spirito di corpo clericale e un’ecclesiologia trionfalistica, che possono rendere sordi» alle richieste d’aiuto delle vittime di pedofilia. Lo scandalo degli abusi, ha spiegato Mertes, pone «domande sulle strutture e sulla concezione di chiesa».

IL SOSTEGNO DELL'ARCIVESCOVO DI VIENNA. A Ratzinger viene riconosciuto, in generale, il merito di aver sollevato con forza la questione come problema interno delle strutture ecclesiali, e di averla provata ad affrontare. In questa battaglia, il papa ha potuto contare sul sostegno autorevole dell’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schoenborn che, non per caso, ha puntato l’indice contro una curia romana chiusa in sé stessa e pronta a insabbiare le denunce.

L'APERTURA AI LEFEBVRIANI. E tuttavia Benedetto XVI è anche il papa che ha riabilitato la messa preconciliare in latino, spalancato le porte ai gruppi ultrareazionari dei lefebvriani, condotto una revisione ideologica del Concilio vaticano II per depotenziarne la spinta innovativa. È questo il Ratzinger che non piace al cattolicesimo tedesco, la cui natura viene così sintetizzata ancora da monsignor Shuller: «Da almeno 500 anni qui abbiamo avuto i cattolici da una parte e i cristiani della tradizione riformatrice dall’altra. Questa situazione spinge quasi necessariamente i cattolici a ripensare di continuo la loro prassi personale ed ecclesiale, confrontandola con quella dei protestanti. Questo è un paragone inevitabile ma anche fertile. Direi che siamo un po’ più critici degli altri ma non per questo meno fedeli».

di Francesco Peloso – lettera43

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