Unipol, il gip: "processare Berlusconi"

 

Più che uno scoop giornalistico, l'intercettazione della telefonata tra Piero Fassino e Giovanni Consorte all'epoca della mancata scalata alla Bnl è stato un regalo per Silvio Berlusconi alla vigilia della campagna elettorale. Il premier era "l'unico interessato alla pubblicazione della notizia riguardante un avversario politico…stante l'approssimarsi delle elezioni politiche. Tale notizia avrebbe leso, così com'è stato, l'immagine di Piero Fassino". E' questa la sintesi del provvedimento emesso dal gip di Milano impone al pm l'imputazione coatta per il premier e la richiesta di rinvio a giudizio e scrive una "nuova versione" della storia legata all'intercettazione relatova alla scalata Unipol.

Soddisfazione per la decisione del giudice per le indagini preliminari è arrivata da Piero Fassino, oggi sindaco di Torino: "La decisione del Gip di Milano, che definisce addirittura 'un regalo elettorale al premier' l'intercettazione pubblicata dal giornale della famiglia Berlusconi, conferma che ai danni dell'onorevole Fassino è stata ordita una trappola al fine esclusivo di denigrare il leader del principale partito di opposizione", dichiara Gianni Giovannetti, portavoce di Fassino. "Siamo fiduciosi – aggiunge – che l'opera della magistratura accerterà fino in fondo tutta la verità".
Di "aberrazione" parla invece Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl, rilevando che, nel momento in cui continuano ad uscire intercettazioni su Silvio Berlusconi, "peraltro con rilievo penale pari a zero", il "tempismo della procura di Milano e' inquietante".

L'antefatto. Con un lungo provvedimento di 23 pagine il gip di Milano Stefania Donadeo "boccia" la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura nei confronti del Presidente del Consiglio, impone al pm l'imputazione coatta per il premier e la richiesta di rinvio a giudizio e scrive una "nuova versione" della storia legata all'intercettazione pubblicata su "Il Giornale" nella quale l'ex segretario del Ds chiedeva a Consorte "allora Gianni siamo padroni della banca?", senza però riportare la seconda parte della telefonata nella quale, ricorda oggi il gip "alla risposta di Consorte "si, è chiusa" Fassino replica: "siete padroni della banca, io non c'entro niente".
L'intercettazione, in quel momento (autunno-inverno 2005, ndr), non è a disposizione delle parti, ma nell'esclusiva disponibilità degli inquirenti, dei pm e della polizia giudiziaria e non è nemmeno stata trascritta, neppure in un brogliaccio. Una prima indagine dei magistrati milanesi porta al rinvio a giudizio del solo giornalista che aveva firmato l'articolo, Gianluigi Nuzzi, indicato come unico responsabile, in concorso con ignoti, del reato di violazione del segreto d'ufficio e pubblicazione arbitraria di atti.
Dalla prima contestazione il giornalista è stato assolto, per la seconda ha oblato. A lungo sembra che la vicenda possa chiudersi così fino a quando, il 3 ottobre del 2009, l'ex pm Antonio Di Pietro presenta una denuncia in cui riferisce quel che aveva saputo da un manager, Fabrizio Favata proprio sulle modalità attraverso le quali era avvenuta la pubblicazione su 'Il Giornale' dell'intercettazione.

Le indagini ripartono con un altro magistrato, Maurizio Romanelli, che indaga Fabrizio Favata, Roberto Raffaelli ed Eugenio Petessi, titolare e collaboratore della Rcs, società di intercettazioni che lavorava anche per la Procura milanese, e Paolo Berlusconi per reati che vanno, a vario titolo, dal concorso in rivelazione del segreto d'ufficio, all'estorsione, tentata estorsione, ricettazione e frode fiscale.
All'ultimo momento il magistrato decide di iscrivere nel registro degli indagati anche il nome di Silvio Berlusconi, per concorso in rivelazione del segreto e ricettazione, ma solo per poi chiederne l'archiviazione. Davanti al gip Stefania Donadeo, nel luglio scorso, Favata, Petessi e Raffaelli definiscono la loro posizione con patteggiamenti e riti abbreviati, Paolo Berlusconi viene rinviato a giudizio, per il premier il gip prende tempo. Oggi la decisione: Berlusconi deve essere processato per concorso in rivelazione del segreto ma non per ricettazione perché il reato, scrive il giudice "si configura in ipotesi di illecita circolazione di un bene materiale e non di un'informazione".

Quindi il giudice riassume la storia di quella intercettazione che Raffaelli e Petessi individuano nell'estate del 2005 e, attraverso l'intermediazione di Favata, cercano di portarla all'attenzione del premier. Non ci riescono facilmente, così interpellano nel settembre Paolo Berlusconi e gli fanno ascoltare la telefonata. E' poi l'editore de 'Il Giornale' a organizzare l'incontro ad Arcore, il 24 dicembre del 2005 dove Raffaelli si accredita con il leader del Pdl per un suo progetto in Romania e gli lascia la chiavetta della telefonata.
"Raffaelli -si legge nel provvedimento- lasciò la chiavetta in questione a Silvio Berlusconi il quale disse che lui e la sua famiglia sarebbero sempre stati grati". Ora "tutti i coimputati -sottolinea il gip- hanno riferito che destinatario dell'intercettazione coperta da segreto non era Paolo ma Silvio Berlusconi. La ragione risiedeva nella necessità di avere un sostegno dal Presidente nella realizzazione del progetto di Rcs in Romania".
Quindi "l'intercettazione costituiva non la ragione dell'incontro ma solo un regalo per Silvio Berlusconi nella speranza di essere adeguatamente ricambiati". Ed è questo il motivo, aggiunge il gip "per cui Paolo Berlusconi pur avendo avuto conoscenza delle conversazioni coperte da segreto almeno tre mesi prima, avendole ascoltate gia alla fine di settembre, non ne dispone la pubblicazione se non dopo averla fatta ascoltare al fratello".

Se l'accusa aveva affermato che non vi erano elementi di prova su eventuali accordi intercorsi tra Silvio e Paolo Berlusconi tra la sera del 24 dicembre e il 27 dicembre (data della prima pubblicazione, ndr), per il gip "Silvio Berlusconi ascoltando la conversazione, compiacendosi e dimostrandosi riconoscente verso Raffaelli e Favata ha acconsentito esplicitamente che il fratello Paolo, li' presente e fautore dell'incontro, completasse il regalo ricevuto, ovvero pubblicasse la notizia".
In conclusione il gip ordina al pm di iscrivere nel registrato degli indagati anche l'allora direttore del quotidiano, Maurizio Belpietro non per concorso nel reato con altri ma per "fatto proprio", per il mancato controllo sul contenuto dell'articolo.
Ora la palla torna alla Procura che probabilmente già domani formulerà, come ordinato, la richiesta di rinvio a giudizio per il premier al gup. Sulla posizione di Belpietro, invece, è possibile che gli inquirenti vogliano approfondire un'indagine ormai chiusa.

 

(fonti:adnkronos / agi)

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