Don Milani e la sua scuola «popolare»

Lorenzo Milani era un ragazzo sensibile e intelligente. Apparteneva a una famiglia di intellettuali, suo bisnonno era il grande umanista Domenico Comparetti. Grande merito di Lorenzo – ed è il motivo per cui se ne parla oggi all’auditorium San Barnaba alle ore 18, con Massimo Toschi – fu però la potente scossa che diede alla chiesa negli anni in cui operò a Barbiana, un paesino sulle colline sopra Firenze.
Don Lorenzo Milani Comparetti nacque a Firenze nel 1923, dove morì il 26 giugno 1967. Ragazzo poco propenso allo studio, tra il 1941 e il 1943 coltivò la passione per la pittura, studiando prima come privato, poi a Milano all’Accademia di Brera. Nell’estate del 1942, durante una vacanza a Gigliola (Montespertoli), Lorenzo decise di affrescare una cappella; durante i lavori rinvenne un vecchio messale la cui lettura lo appassionò notevolmente. Successivamente, al ritorno a Milano, si interessò di liturgia.
Questo probabilmente fu il suo primo vero contatto con il cristianesimo, dato che la sua famiglia non era mai stata religiosa, quando non espressamente anticlericale (come il nonno e il bisnonno). Nel 1943 Lorenzo si convertì; il colloquio con don Raffaele Bensi, che in seguito fu il suo direttore spirituale, segnò fortemente l’inizio di questa svolta.
Il 9 novembre 1943 entrò nel seminario di Cestello in Oltrarno. Fu un periodo piuttosto duro. Cominciò da subito a scontrarsi con la mentalità della Chiesa e della curia di cui non riusciva a comprendere i motivi di certe regole e manierismi che gli risultavano lontani dalla sincerità del Vangelo.
Ordinato sacerdote nel duomo di Firenze il 13 luglio 1947, venne inviato come coadiutore a San Donato di Calenzano, vicino a Firenze, dove lavorò per una scuola popolare di operai. Negli anni a Calenzano scrisse «Esperienze Pastorali», che ebbe una forte eco per i suoi contenuti eterodossi: Giovanni XXIII, venutone a conoscenza, non esitò a definire l’autore addirittura come un pazzo. A dicembre 1954, a causa di screzi con la curia di Firenze, venne mandato a Barbiana, sperduto paesino di montagna, dove iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolto alle classi popolari. Per i suoi scritti (ad esempio, «L’obbedienza non è più una virtù»), venne incluso nel novero dei cosiddetti cattocomunisti. In seguito ad un suo scritto in difesa dell’obiezione di coscienza venne processato, ma morì prima che fosse emessa la sentenza. A.SAB. (fonte: Bresciaoggi.it)
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