sacerdoti sposati… "voci fuori dal coro" in Francia

L’arcivescovo di Dijon: sì ai preti sposati, eccezioni utili per far sopravvivere le comunità.

L’arcivescovo di Strasburgo: non è responsabile censurare sistematicamente questi argomenti.

L’ultima trasgressione di Abbé Pierre e il senso della vita.

La crisi delle vocazioni sacerdotali è sempre più forte in Francia. Gli ultimi dati lo testimoniano in modo rude e crudo: si è passati dai 566 nuovi preti del 1966 ai 90 del 2004, una cifra che lascia prevedere un futuro con tante comunità senza una guida spirituale e senza sacramenti. È una "caduta vertiginosa" quella delle vocazioni, dice Le Figaro, che solleva "apertamente" la questione dell’ordinazione sacerdotale di uomini sposati. Ad interrogarsi è niente meno che l’arcivescovo di Dijon, mons. Roland Minnerath. Vescovo "giovane" – nato il 27 novembre 1946 a Sarreguemines, nella Mosella – e figura di primo piano della Chiesa cattolica in Francia.

È da tener presente che mons. Roland Minnerath non è un vescovo qualsiasi: Giovanni Paolo II lo aveva nominato segretario speciale – un incarico di primo rango – dell’XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che è stata celebrata in Vaticano dal 2 al 23 ottobre 2005 sul tema L’Eucaristia: fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa. Ha studiato Storia all’Università di Parigi-Sorbonne, Amministrazione all’Università di Parigi IX-Dauphine, Teologia e di Diritto Canonico alla Facoltà di teologia cattolica di Strasburgo e all’Università Gregoriana di Roma. Ordinato sacerdote in giugno 1978 per l’arcidiocesi di Strasburgo, è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede dopo due anni all’Accademia Ecclesiastica Pontificia a Roma. Dal 1980 al 1985 ha prestato servizio nelle Nunziature Apostoliche di Brasilia e di Bonn. Quindi, dal 1985 al 1988 è stato al servizio del Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa (l’attuale Seconda Sezione della Segreteria di Stato per i rapporti on gli Stati). Dal 1989 è professore alla Facoltà di teologia cattolica di Strasburgo, con la cattedra di Storia della Chiesa antica e medievale e all’Instituto di Diritto canonico, con la cattedra di Relazioni Chiese-Stati. Dal 1997 è Membro della Commissione teologica internazionale e dal 1992 è Membro dell’Accademia Pontificia delle Scienze sociali. Ha pubblicato una dozzina di libri e numerosi articoli sulle origini cristiane e sulle relazioni della Chiesa con la società.
Certamente, con un simile curriculum, è persona attenta e consapevole quando parla… "Il celibato – ha scritto Minnerath nel suo libro Agli abitanti della Borgogna che credono al cielo e a quelli che non ci credono – è una questione di disciplina. Ma, un giorno ci si accorge che questa tradizione rischia di privare di preti alcune comunità al punto di portarle alla scomparsa, perché non modificarla?". Mons. Minnerath osserva che le sue sono "alcune linee di riflessione", e si definisce "qualcuno che mette i problemi sul tavolo, prima di allinearsi all’indicazione generale". L’arcivescovo di Dijon spiega per inciso, che "non si tratta di passare da una disciplina all’altra, cioè dal celibato al matrimonio. Il dono del celibato – sottolinea – resta infatti intero e magnifico. Si tratterebbe soltanto, in casi eccezionali (per permettere alle comunità di sopravvivere), di consentire l’ordinazione di uomini sposati, con figli già grandi ed autonomi finanziariamente".
Mons. Minnerath non è il solo vescovo francese ad essersi posto il problema. Nel 2002 l’arcivescovo di Strasburgo, mons. Joseph Doré, aveva già osservato che non era "responsabile censurare sistematicamente questo genere di questioni e accontentarsi di affidarsi alla Provvidenza". Ma, per l’avvio di un eventuale dibattito sulla questione, il presule aveva posto tre condizioni: che la decisione fosse "universale e romana", che "non venisse rimessa in causa l’importanza del ministero laico" e "sminuita la forma attuale dell’esercizio del sacerdozio cattolico nella Chiesa latina".
Anche alcuni autorevoli membri della Conferenza episcopale francese stanno pensando a laici per celebrare i funerali cattolici e anche per le cerimonie matrimoniali. Certo. C’è anche chi, scettico, non crede che l’abolizione del celibato per i sacerdoti cattolici di rito latino si traduca automaticamente in un aumento delle vocazioni. E c’è il no della Santa Sede, riaffermato anche recentemente da papa Benedetto XVI, secondo il quale il celibato è un "dono prezioso". Mentre a Roma i vescovi di Santa Romana Chiesa stavano discutendo per settimane sui problemi attuali legati all’Eucaristia, altri porporati si dicevano contrari a concedere ai credenti divorziati una partecipazione non solamente passiva alla Santa Messa (e ricevere l’Eucaristia), negavano la possibilità di una svolta sull’ammissione delle donne al sacerdozio o a qualsiasi forma di regolazione delle coppie omosessuali, confermando inoltre il no secco a uomini sposati sull’altare. Solo il cardinale Walter Kasper si era spinto a precisare che sebbene la questione non sia all’ordine del giorno, se in futuro Benedetto XVI lo volesse, la Chiesa potrebbe superare il divieto di ammettere alla comunione i divorziati risposati … Già, perché i numeri della crisi delle vocazioni e la chiusura forzata di non poche parrocchie per mancanza di sacerdoti fanno riflettere, in Francia, ma non solo.

Quella di avere preti anche sposati per rispondere alla crisi delle vocazioni è pure una delle battaglie dell’Abbé Pierre, l’irrequieto e carismatico religioso francese, il "san Francesco dei nostri tempi", che ha lasciato tutto per stare dalla parte degli ultimi. Il religioso non cessa di provocare. Ma l’ultima sua "trasgressione" esce dall’ambito della denuncia sociale per centrare dei tabù del nostro tempo e della fede: la sessualità, il matrimonio dei preti, il sacerdozio delle donne, le unioni omosessuali, il rinnovamento della Chiesa.
Il suo ultimo libro-intervista con il filosofo-giornalista Frédéric Lenoir Mon Dieu… pourquoi? (Dio mio, perché?), edizioni Plon, ha suscitato scandalo o è stato letto come un proclama teologico. In fondo è soltanto la confessione serena di un sacerdote anziano, che racconta di aver sperimentato il desiderio sessuale, di un pastore d’anime che a novantatré anni s’interroga sui misteri della fede e sul senso del peccato, soprattutto di un uomo che continua a riconoscersi nel cammino incerto e difficile dei propri simili. Per questo rischia di far soltanto rumore nell’opinione pubblica e nel mondo cattolico, e niente di più.
L’Abbé Pierre ha confessato di essere caduto più volte. Lo ammette nel libro, affrontando i temi tabù del rapporto fra la Chiesa cattolica e la sessualità. "Ho deciso molto presto di dedicare la mia vita a Dio e agli altri – racconta il fondatore di Emmaus – ma il voto di castità non elimina il desiderio sessuale. Anch’io ho talvolta ceduto, in modo passeggero, senza relazioni stabili con una donna. Non ho avuto mai un legame regolare, perché non ho lasciato che il desiderio sessuale prendesse radici. Questo – afferma il religioso – mi avrebbe portato a vivere una relazione duratura con una donna, ciò che era contrario alla mia scelta di vita. Ho dunque conosciuto l’esperienza del desiderio sessuale e del suo rarissimo soddisfacimento, ma questo soddisfacimento è stata una vera sorgente di insoddisfazione, perché avvertivo che io non ero vero. Ho però avvertito – aggiunge – che il desiderio sessuale, per essere pienamente soddisfatto, deve esprimersi in una relazione d’amore, tenera, fiduciosa. Per questo vi ho rinunciato. Avrei reso infelici le donne e sarei stato lacerato nella mia scelta di vita".
Il libro in cui ha raccolto a ruota libera pensieri e meditazioni, non è solo la confessione di un episodico peccato giovanile. Sarebbe una lettura limitativa del messaggio di serenità che il vecchio consacrato ha voluto trasmettere in una materia vista come scabrosa. Lo dimostra il fatto che l’Abbé Pierre vada ben oltre le proprie umane debolezze, riflettendo senza moralismi ipocriti sulla vicenda del giovane uomo Gesù, cioè di colui che nella sua (nostra) fede è il figlio di Dio. Secondo la regola che lo spirito non è mai giovane abbastanza, il vecchio frate disserta anche sull’attualità culturale e cinematografica, commentando il Codice da Vinci e la teoria del rapporto fra Gesù e Maria Maddalena (la prostituta che fu "la donna a lui più vicina, a eccezione di sua madre"), considerata blasfema. Lui però dice: "Non vedo alcun argomento teologico che proibisca a Gesù, il Verbo incarnato, di conoscere un’esperienza sessuale". Che questo sia accaduto o meno, dichiara l’Abbé Pierre, "non cambia nulla all’essenziale della fede cristiana". Elevare l’astinenza sessuale a valore imprescindibile della missione sacerdotale, quasi che l’ascesi si potesse comandare a colpi di diritto canonico e viceversa un orgasmo fosse di per sé atto colpevole: tutto ciò per il cristiano Abbé Pierre non ha senso. Lo spiega senza drammi, interrogandosi sulla figura del suo Signore. Il Cristo che per amore soffrirà l’incontro carnale con l’umana morte, inchiodato sulla croce, perché mai in precedenza avrebbe dovuto disdegnare la dimensione carnale dell’amore, felice mistero umano per eccellenza? L’Abbé Pierre è anche qui disarmante nel ridurre all’essenziale la fede e l’impegno del credente: "Non c’è nulla che mi spinga a credere che fosse così, ma non c’è nessun argomento teologico che lo possa negare. Come Dio che si è fatto uomo, ha probabilmente conosciuto il desiderio sessuale, come tutti gli uomini. Non è detto che l’abbia soddisfatto".
L’Abbé Pierre è dunque dell’opinione che una relazione d’amore stabile non è contraria alla vocazione del sacerdozio. Si dice non ostile, appunto, ai preti sposati, ricordando che Gesù scelse un apostolo sposato, Pietro, e un apostolo celibe, Giovanni, e che per due secoli venne mantenuta questa prassi nella Chiesa, prima che fosse imposto il celibato. "Conosco preti che vivono in concubinato con una donna che amano da anni e che accettano bene questa situazione. Continuano ad essere buoni preti. Per la Chiesa è una questione cruciale". Tanto più che – nota l’Abbé Pierre – in molte altre confessioni il matrimonio per i preti è permesso. Dunque, si dice convinto che nella Chiesa cattolica di rito latino debbano convivere "preti sposati e preti celibi che possano consacrarsi totalmente alla preghiera e agli altri".
Se ai sacerdoti cattolici di rito latino dovrebbe essere consentito di avere una moglie e una famiglia – il che peraltro favorirebbe le vocazioni, dicono i sostenitori – non si vede perché non consentire il sacerdozio delle donne. Sull’argomento, l’Abbé Pierre critica Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: "Non ho mai capito perché hanno affermato che la Chiesa non ordinerà mai le donne Una tale affermazione presuppone che questa pratica non sarebbe conforme alla sostanza stessa della fede cristiana. Il principale argomento portato a spiegazione di questo divieto è che Gesù non ha scelto delle donne tra i suoi apostoli. Un argomento che per me non ha nulla di teologico, piuttosto è di natura sociologica". L’Abbé Pierre attribuisce questa chiusura a una secolare tradizione maschilista, legata alla dominazione di un modello patriarcale che considera l’uomo superiore alla donna. Non regge nemmeno l’argomento che Gesù fosse un uomo nell’incarnazione terrena e nel suo tempo: come divinità non può essere né uomo, né donna.
Altro argomento tabù, affrontato nel libro-intervista-confessione, è l’unione fra omosessuali. L’Abbé Pierre dà una risposta di straordinaria sensibilità e modernità, affermando in sostanza di essere favorevole al riconoscimento di un legame civile. Il "matrimonio", dice, è concetto "troppo radicato nella coscienza collettiva come unione fra un uomo e una donna": "Perché non utilizzare il termine alleanza?". E ancora: la psicologia sociale può dare risposte all’eventualità di genitori dello stesso sesso o di un solo genitore, anche se sappiamo che "il modello classico non è necessariamente indice di benessere ed equilibrio per i figli".
È una "vita contro", quella vissuta nella fede e nella libertà, da questa figura carismatica della Chiesa francese. Un sant’uomo di 93 anni con una meravigliosa barba bianca, il sacerdote più amato e popolare di Francia e uno dei simboli della Francia migliore: testimone di un impegno che non si è fermato alle rivendicazioni sociali ma si è tradotto in gesti concreti di solidarietà capaci di mobilitare migliaia di persone, in tutto il mondo. A ben vedere i colpi di scena non mancano nella biografia dell’Abbé Pierre, al secolo Henri-Antoine Groués. Di famiglia benestante, a 19 anni dona la sua eredità ai poveri per entrare nel convento dei cappuccini a Lione. Ne uscirà qualche anno più tardi, per diventare sacerdote diocesano. Aiuta le vittime del nazismo, combatte con i partigiani, viene eletto deputato all’Assemblea Nazionale dopo la guerra. Per protesta si dimette dal parlamento e con un ex ergastolano fonda il "movimento degli stracciaioli-costruttori di Emmaus", comunità di poveri, ex tossicodipendenti ed ex prostitute che cercano di rifarsi una vita, presenti ormai in 50 paesi. È il 1 febbraio del 1954 quando dai microfoni di Radio Lussemburgo, l’Abbé Pierre scuote la Francia con un appello che chiede aiuto per le migliaia di senza tetto e di affamati della Parigi post-bellica. Cinquant’anni dopo, continua a richiamare l’opinione pubblica mondiale sulla situazione di chi vive disagio abitativo (ricordandoci che in Europa, oggi, anno 2005 dell’era "cristiana", 70 milioni di persone sono costrette a vivere in case al limite della decenza, 3 milioni di queste vivono e dormono all’aperto, senza un tetto). Ma due anni fa hanno fatto anche scalpore alcune sue affermazioni antisemite.
L’Express parla del libro come di "una bomba nel paese calmo del pensiero cristiano. L’Abbé Pierre dichiara che non è ostile al matrimonio dei sacerdoti e suggerisce che lui stesso ha avuto relazioni sessuali con delle donne". Per Le Point quella dell’Abbé Pierre è una "sconvolgente confessione", un vero inno contro ogni tabù.
Tra coloro che non si danno pace dopo la sua recente esternazione, c’è l’arcivescovo emerito di Ravenna. Il cardinale Ersilio Tonini ha appena letto le rivelazioni intime dell’Abbé Pierre e per lui è il crollo di un mito: "Ora questo simbolo è finito nella polvere e per molti di noi è un giorno di grande tristezza". "Sono stato male a leggere quelle parole", confida in un’intervista dal titolo Abbé Pierre, perché l’hai fatto? con Ignazio Ingrao su Panorama del 4 novembre 2005. "È stato un modello di altruismo e di generosità non solo per la mia generazione ma per tantissimi, credenti e non credenti. Penso ad Annalena Tonelli che, ancora adolescente, vede arrivare l’Abbé Pierre a Forlì e comincia a raccogliere oggetti e offerte per l’Africa fino a maturare la decisione di lasciare tutto per andare in Somalia. Mi chiedo cosa direbbe oggi a leggere queste rivelazioni". Abolire il celibato sacerdotale, come suggerisce l’Abbé Pierre, risolverebbe il problema delle vocazioni? Risponde il card. Tonini: "Non credo. La crisi delle vocazioni investe infatti anche le Chiese protestanti e quelle orientali che ammettono i preti sposati. La ragione sta piuttosto nella difficoltà ad accettare una scelta definitiva come quella del sacerdozio". L’Abbé Pierre propone anche il sacerdozio femminile e il matrimonio tra omosessuali. "Mi chiedo a quale titolo si mette a fare il maestro e a trattare temi per i quali non ha competenza. Su argomenti così delicati lasciamo parlare i teologi e gli esperti". Dopo tanto clamore cosa suggerirebbe all’Abbé Pierre? "Gli consiglierei di rileggere la preghiera di Socrate: ’O caro Pane, e voi tutti che di questo luogo siete Iddii, concedetemi che sia bello io di dentro, e che tutto quello che ho di fuori si concordi con quel di dentro’".
L’Abbé Pierre ha confidato anche le proprie attese dal pontificato di Benedetto XVI. "Non mi stupirei se prendesse decisioni liberali sulla comunione per i divorziati risposati o sul sacerdozio di uomini sposati anziani, che abbiano già cresciuto i propri figli. Certamente non cambierà posizione sulle donne e continuerà a condannare l’omosessualità". E l’ultima riflessione, a leggerla bene, è forse la più trasgressiva: "Mio Dio, fino a quando durerà questa tragedia? In tutte le religioni si dice che la vita ha un senso, ma quanti miliardi di uomini che vivono nella paura, nel bisogno, nel dolore non hanno nemmeno la possibilità di meditare su questo senso?".

fonte Korazym

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